Europa e finanza sostenibile: a che punto siamo?

L’Unione Europea ricopre un ruolo centrale per la stabilità e per il buon funzionamento dei mercati finanziari dei paesi membri: la progressiva concretizzazione dell’Unione dei Mercati dei Capitali – annunciata nel novembre del 2014 – rappresenta le fondamenta e il minimo comune denominatore per le politiche europee e nazionali che interessano l’attività degli operatori finanziari e la tutela degli investitori (1).

L’8 marzo 2018 la Commissione europea ha emanato il Piano d’azione (Financing Sustainable Growth) per finanziare la crescita sostenibile come strategia per la realizzazione di un sistema finanziario che sostenga le attività e gli impegni dell’Unione per il clima e lo sviluppo sostenibile. Il Piano ha rappresentato un passo fondamentale verso l’attuazione dell’accordo di Parigi e dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e contribuisce agli obiettivi di sviluppo sostenibili indicati nella comunicazione della Commissione “Il futuro sostenibile dell’Europa: prossime tappe. L’azione europea a favore della sostenibilità”.

 

Tabella 1: tappe principali del processo di riforma avviato dalla Commissione Europea a partire dalle premesse rappresentate dall’Accordo di Parigi e da Agenda 2030, fino all’esito dei lavori del TEG nel 2019. Fonte: Elaborazione del Forum per la Finanza Sostenibile

 

 

il Piano mira raggiungere tre sfide:

  1. Riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva;
  2. Integrare la sostenibilità nella gestione dei rischi;
  3. Promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.

 

Questi tre obiettivi sono accompagnati da dieci specifiche azioni che mirano al raggiungimento degli stessi, tra i quali l’elaborazione degli indici di sostenibilità, la promozione di un governo societario sostenibile e l’attenuazione di una visione a breve termine nei mercati dei capitali; la chiarificazione degli obblighi degli investitori istituzionali e dei gestori di attività e l’integrazione della sostenibilità nei requisiti prudenziali.

Le aree di intervento del piano d’azione sono:

  1. Ambiente: in primis con riferimento alla mitigazione dei cambiamenti climatici, nonché all’ambiente in senso più ampio e ai rischi ad esso correlati. Il cambiamento climatico e la risposta ad esso da parte del settore pubblico e della società in generale hanno portato all’identificazione di nuove fonti di rischio finanziario a cui la comunità normativa e di vigilanza sta prestando maggiore attenzione;
  2. Sociale e di governance: dove i temi più caldi sono l’equità, l’inclusività, le condizioni e i rapporti di lavoro, gli investimenti in capitale umano e comunità.

Le due aree (ambientale e sociale) sono spesso intrecciate. Ad esempio, i cambiamenti climatici possono aggravare i sistemi di disuguaglianza esistenti.

Per questo i vertici delle istituzioni pubbliche e private svolgono un ruolo fondamentale nel garantire l’inclusione degli aspetti sociali ed ambientali nel processo decisionale (2)

 

Il ruolo dell’European Banking Authority

Il cambiamento climatico e la risposta ad esso da parte del settore pubblico e della società in generale hanno portato all’identificazione di nuove fonti di rischio finanziario a cui la comunità normativa e di vigilanza sta prestando maggiore attenzione.

In particolare, i cambiamenti climatici generano sia rischio di transizione sia rischio fisico. Il rischio di transizione (i), in particolare, è direttamente correlato alle scelte politiche dei governi e alle aspettative dei principali soggetti interessati, in particolare azionisti e clienti. Gli impatti fisici (ii) dei cambiamenti climatici possono anche influire sulle prestazioni finanziarie delle società e dei beni delle istituzioni.

Potrebbero sorgere rischi legali per coloro che sono ritenuti responsabili dei cambiamenti climatici e potenzialmente i loro finanziatori. In questo contesto, sia le scelte politiche del settore pubblico sia le aspettative delle parti interessate potrebbero cambiare nel tempo. Ciò rende essenziale che gli istituti finanziari siano in grado di misurare e monitorare le proprie esposizioni al fine di affrontare i rischi di transizione e fisici e comprendere come possono essere influenzati dai cambiamenti nelle aspettative della società. (3)

Per rendere operativa ed omogenea la progettazione, sono stati conferiti ad EBA tre mandati legati alla finanza sostenibile che prevedono il loro coinvolgimento su:

  1. Valutazione di una potenziale inclusione dei rischi ESG nel processo di revisione e valutazione da parte delle autorità competenti;
  2. Elaborazione di uno standard tecnico che definisca gli obblighi di divulgazione (soprattutto in termini di rischi) relativi ai criteri ESG per le società quotate in borsa;
  3. Valutazione di eventuali trattamenti preferenziali per coloro divulgano informazioni associate ad obiettivi ambientali e/o sociali.

I lavori di EBA, iniziati ad aprile 2019, prevedono la loro chiusura nel 2025. (4)

 

 

L’esempio di un primario istituto bancario italiano

Nel frattempo, alcuni istituti di credito si stanno muovendo e/o si sono già mossi per far fronte a questa tematica.

Negli ultimi anni, sia l’offerta che la domanda di prodotti sostenibili sono rapidamente cresciuti da parte di investitori istituzionali e risparmiatori privati. ​​Investire secondo Criteri ESG risponde infatti ad un doppio criterio: avere il ritorno economico ed essere coerenti a propri valori e condizioni morali.

In particolare, l’attenzione si rivolge al problema del cambiamento climatico, infatti dal 1990 sono aumentate di più del 50% le emissioni di gas a effetto serra (5); dal 1880, la temperatura media globale della superficie è aumentata di circa 1,1°C (6) e dal 2000 ad oggi è di circa 2,5 i trilioni di dollari il costo di disastri naturali per l’economia mondiale (7).

L’iter sulla finanza sostenibile promosso dall’isituto ha visto:

  1. Integrazione del rischio di cambiamento climatico nel il framework di gestione dei rischi;
  2. Monitoraggio verso settori sensibili;
  3. Valutazione ESG nel rischio di credito: Rating interni per portafoglio aziendale.

Come precedentemente affermato, non esistono ad oggi Rating ESG o linee guida unificate che rendano standardizzati gli asset da tenere in considerazione. La banca ha quindi delineato un Modello di Rating interno che prevede il seguente schema:

E (Environmental) – informazioni sull’ambiente S (Social) –

Informazioni sociali

G (Governance) –

Informazioni di governance

Domande qualitative su:

–          esposizione dell’azienda a rischi ambientali (sostanze nocive, inquinamento, sicurezza sul lavoro, rispetto per i diritti dell’uomo, ecc.)

–          presenza di assicurazioni a copertura di rischi operativi (interruzione dell’attività) e / o rischi di credito

–          Informazioni sulla presenza di certificazioni ambientali (ISO 14000, EMAS, FSC, Organic Certification)

Domande qualitative su:

–          esposizione dell’azienda a rischi ambientali (sostanze nocive, inquinamento, sicurezza sul lavoro, rispetto per i diritti dell’uomo, ecc.)

–          presenza di rischi legati a processi pendenti in materia di reati fiscali fiscale e/o di sicurezza sociale;

–          ricorso alla ristrutturazione del debito

–          ricorso al C.I.G. o a altre forme di stipendio per proteggere l’occupazione.

Domande qualitative su:

–          livello di informazioni condivise dal management relative ai risultati raggiunti dall’azienda;

–          dimostrazioni di problematiche / conflitti interni (tra management e proprietà).

 

In base alle risposte del questionario e la relazione dell’azienda con i settori ritenuti sensibili, viene stabilito il “Credit Risk” da parte dell’istituto di credito.

 

Conclusioni e riflessioni

Abbiamo visto negli ultimi 10 anni un grande cambiamento in termini di finanza sostenibile e si continua a lavorare fortemente.

Il tema del climate change è quello più sentito, come di conseguenza gli aspetti sociali. Come più volte fatto notare in questo articolo, non ci sono ancora dei criteri di valutazione ESG, definiti da EBA, considerabili univoci e validi per tutte le aziende.

In Italia, come all’estero, ci sono diversi istituti di credito che valutano i rendimenti ESG secondo Rating interni, nominati appunto Rating ESG. Ciò significa che potenzialmente ogni istituto di credito può considerare Rating diversi e generare, quindi, un po’ di confusione nelle imprese.

Per questo portiamo all’attenzione il Rating di Legalità, attestazione rilasciata dall’AGCM (Autorità garante della concorrenza e del mercato) dal 2013 che, in qualità di Ente Pubblico, valuta una serie di requisiti aziendali che vanno dal rispetto delle normative vigenti ad una serie di attività extra-normative quali certificazioni ambientali, sociali, attività di gestione e controllo aziendale, sicurezza dei lavoratori, assenza di condanne dei membri apicali e direttivi dell’impresa per tutta una serie di illeciti legati anche ai temi ambientali, societari, salute e sicurezza, corruttivi e molto altro.

Il rating va da 1 stelletta (quando si soddisfano requisiti normativi) a 3 stellette, quando si soddisfano una serie di requisiti extra-normativi riconducibili a criteri ESG e quindi, a nostro avviso, potenzialmente validi per le valutazioni bancarie.

 

Andrea Casadei 

 

 


Fonti

(1) L’Unione Europea e la finanza sostenibile. Impatti e prospettive per il mercato italiano. Forum per la finanza sostenibile, ottobre 2019

(2) EBA action plan on sustainable finance – dec. 2019

(3) ibidem

(4) ibidem

(5) 2018 -Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), UN

(6) 2016 NASA/Goddard Space Flight Center Scientific Visualization Studio

(7) 2013 Global Assessment Report (GAR) GAR), UN Office for Disaster Risk Reduction

 

 

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