“L’impresa collaborativa”: il nuovo modello efficiente per l’organizzazione responsabile e globale

 

In un mondo globale sempre più dinamico e veloce a livello di transazioni, comunicazioni e scambi commerciali, le imprese sono chiamate a rispondere ad una crescete bisogno di competitività.

Ma la ricerca della competitività è davvero positiva? L’impresa competitiva, l’impresa che, cioè, per raggiungere un ruolo primario sul mercato tende a giustificare come necessari anche impatti negativi sul benessere sociale e sull’ambiente, è l’unico modello di impresa efficace nel XXI secolo? E come possono le strategie di Responsabilità Sociale d’Impresa non entrare in conflitto con tale modello?

Competitività e RSI quindi sono separate da un sostanziale trade-off? Una impresa può essere competitiva e al tempo stesse essere responsabile?

Questi sono stati i temi sviscerati nel seminario internazionale The collaborative enterprise: creating values for a sustainable world, organizzato da Università Bocconi e Corvinus University of Budapest.

Il papar presentato per l’occasione da Antonio Tencati (Università Bocconi) e László Zsolnai (Corvinus University) ed intitolato The collaborative enterprise ha cercato di rispondere a questi quesiti, individuando un conflitto di fondo tra RSI e competitività d’impresa, intesa, tuttavia, nella sua accezione negativa.

Sì, perché etimologicamente il termine competitività significa “ricerca in comune”,”ricerca insieme”. Nel tempo, essa, invece, ha assunto una connotazione decisamente più drammatica per descrivere l’impresa impegnata non in una sorta di ricerca comune con i propri portatori di interesse, ma in una vera e propria lotta nella giungla del mercato, in cui ogni tipo di intervento ed azione risultano leciti per riuscire a sopravvivere.

In questi termini RSI e competitività d’impresa risultano irrimediabilmente separate.
Nella sua primaria accezione (i latini ci avevano insegnato bene!), invece, la competitività non solo non è contro, ma anzi supporta la teoria alla base dell’approccio della RSI, secondo la quale l’organizzazione massimizza il proprio risultato e raggiunge lo scopo della sua esistenza, solamente nella cooperazione con tutti i portatori di interesse, solamente “ricercando insieme” una strada reciprocamente vantaggiosa.

Si fa strada, così, un nuovo modello che, nell’epoca della globalizzazione, può affiancarsi (e superare in performance) il modello dell’ “impresa competitiva”, votata a lottare con ogni mezzo lecito e meno lecito per il successo sul mercato.

Ragionando nei termini di questo nuovo modello aziendale, la competitività nella sua accezione negativa, è vista come un forte ostacolo alla costruzione di relazione virtuose con i portatori di interesse dell’organizzazione.

 Il modello dell’ “impresa collaborativa” rimanda infatti anche al concetto di olismo d’impresa (termine linguistico derivante dal greco hòlon, che significa “tutto”, nel senso di “intero”) secondo il quale l’organizzazione è come un organismo completo, un intero formato da diverse “cellule” che interagiscono in un’ottica di complementarietà e di beneficio reciproco, per creare l’efficacia dell’unità aziendale. Le cellule sono da considerarsi i diversi stakeholder, le persone che, cioè, costituiscono l’impresa stessa. Allo stesso modo l’impresa che collabora con le i propri portatori di interesse, sviluppando relazioni mutuamente benefiche, raggiungerà quella competitività sperata, attraverso mezzi diversi, sicuramente  più “responsabili” e capaci di generare valore nel tempo.

L’impresa che saprà valorizzare spontaneamente queste relazioni vantaggiose, adottando un comportamento etico, eviterà, per esempio, conflitti opportunistici tra proprietari e manager, migliorerà la motivazione dei dipendenti, attirerà i migliori talenti sul mercato e fidelizzerà clienti e fornitori.

Sarà la globalizzazione stessa a determinare il successo di queste “nuove” imprese. Un successo inizialmente di nicchia, hanno affermato i professori Antonio Tencati e László Zsolnai, che però si espanderà proprio a causa dei comportamenti irresponsabili propugnati dal modello di impresa competitiva. Essi, infatti, svilupperanno da parte delle istituzioni, delle ONG e dei cittadini del mondo, una domanda crescente di azioni responsabili e sostenibili da parte delle imprese.Gli standard, i modelli e le linee guida internazionali e mondiali inerenti la RSI, confermano questa tendenza.
Fonte: http://www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php?idArt=1280

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