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ENERGIE RINNOVABILI – In Italia il 2020 sembra essere lontano

Un recente documento della Commissione Europea ha reso pubblici le previsioni sul grado di raggiungimento degli obiettivi di utilizzo di fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica.
Come da accordi, l’Europa dovrebbe riuscire a raggiungere entro il 2020 il famigerato obiettivo del 20% di energia prodotta da fonti rinnovabili, per l’esattezza dal sole, dal vento e dall’acqua.

Nonostante manchino ancora dieci anni, alcuni Paesi virtuosi sono già vicini all’obiettivo prefissato, stimandone addirittura il superamento. La Spagna ad esempio, stima che potrebbe superare il “traguardo” del 20% del 2% circa, mentre la Germania, con un target pari al 18%, (al momento produce il 16% di energia pulita!) potrebbe superarlo di quasi l’1%.

I Paesi che invece non riusciranno a raggiungere l’obiettivo del 20% di sfruttamento delle energie rinnovabili, come viene esplicitato nella direttiva UE sulle energie rinnovabili, dovranno acquistare energia pulita da altri Stati, anche non Comunitari.
Secondo le stime, però, lo scambio di energia pulita da paesi dell’UE, o da Paesi terzi, rappresenterà solo l’1% del totale di energia necessaria al raggiungimento dell’obiettivo prefissatosi.

Infatti, si stima che saranno solo sei i Paesi che non riusciranno a superare gli obiettivi nazionali stabiliti.
Tra questi, oltre a Belgio, Lussemburgo, Malta, Bulgaria e Danimarca, spicca anche l’Italia.
L’obiettivo assegnato all’Italia, da raggiungere entro il 2020, è del 17% di produzione di energia pulita nel consumo finale, anche se ad oggi, purtroppo, siamo fermi al 7% di produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili.

Il nostro Paese si distingue anche per un altro primato negativo legato alla “questione ambientale”. Nel rapporto annuale sullo stato di attuazione della legislazione europea, l’Italia risulta al primo posto tra gli “indisciplinati” in materia di rispetto delle leggi ambientali, con 45 procedure di infrazione segnalate nel solo 2008.
Nel nostro Paese i casi di inquinamento ambientale sono all’ordine del giorno, con infrazioni riguardanti in primis la normativa UE sui rifiuti, l’inquinamento dell’aria, la valutazione di impatto ambientale e la conservazione della natura.

Con questi presupposti, l’obiettivo del 17% di energia rinnovabile in Italia entro 10 anni sembra essere veramente lontano.
A differenza di molti Paesi dell’Unione, l’Italia necessita di un impegno forte del Governo in materia legislativa, dato che non esiste ancora un piano nazionale chiaro e trasparente per la produzione e lo sfruttamento di energia proveniente da fonti rinnovabili.

Prendendo come esempio l’efficace normativa tedesca sulle energie rinnovabili, il Governo italiano ha deliberato nel 2003 una legge, la 387, che paradossalmente è ancora in attesa di precise e chiare linee guida per la sua applicazione.

Al momento, a livello nazionale, la legge più importante di riferimento risale al 1991, la cosiddetta Legge Andreotti sull’Energia: una legge che è considerata irrazionale, dato che paragona le fonti assimilate a quelle rinnovabili.
Quella delle fonti assimilate è un’anomalia tutta italiana, dato che non è espressamente prevista dalla normativa europea in materia.
In pratica è dal 1992 che in Italia noi cittadini finanziamo, attraverso il pagamento del 7% in più delle nostre utenze (i famosi Cip 6), impianti come gli inceneritori, che producono energia tramite combustione di rifiuti solidi urbani indifferenziati o raffinerie, che bruciano scarti di petrolio.

Il 2020 è ancora lontano, ma l’Italia rischia di diventare il fanalino di coda di quella che è stata definita la Green Economy, capace di creare, come in Germania, 750 mila nuovi posti di lavoro ed abbattere del 18% le emissioni in atmosfera di CO2 in dieci anni.

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